La società industriale produce manufatti e nella logica dei consumi l'obsolescenza impone il rinnovamento. Anche le "cose" più ingombranti devono lasciare lo spazio ad altre e così la legge del "dimenticare per ricordare" ci pone spesso di fronte a dilemmi che sembrano insolubili. La sorte subita dallo Stadio delle Alpi ha lasciato, nella dimensione materiale della memoria, solo alcuni "frammenti" che sono stati conservati in questo Politecnico. Ma perché la memoria si mantenga viva il reperto deve subire una metamorfosi, e in questo caso è la dimensione artistica ha operato la trasformazione, sicché un nodo di cavi e tiranti è diventato l'Hydra delle Alpi, opera di Vittorio Marchis. Con un intervento conservativo del "pezzo", messo in sicurezza consolidando le parti mobili, si è provveduto a rendere stabile la struttura che ora si erge verticalmente per dimostrare visivamente il suo dinamismo, dove i cavi tranciati estendono nei trefoli la forza che ricorda la loro originaria funzione. L'intervento artistico, consistente in una coloritura superficiale con toni e forme che la riportano all'aspetto familiare di un "giocattolo" vuole in questo modo smitizzare una funzione tecnologica trasferendola, anche concretamente, a una dimensione quotidiana e familiare. Ma l'Hydra delle Alpi ricorda in un certo senso anche l'operazione che nel mondo antico subivano le sculture di marmo sempre ricoperte da vivaci pigmenti. E così si comprende nella sua totalità il nome che nell'Hydra richiama la mitologia greca e nelle Alpi la sua originaria destinazione. Senza dimenticare che l'Hydra rimanda all'acqua, la protagonista dell’evento del 20 giugno 2011, che la vede collocata negli Spazi del Cortile Vallauri della Cittadella Politecnica dove terrà compagnia al "Punto Acqua Smat". (vm)
Monday, 4 July 2011
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